Strumenti di conciliazione vita-lavoro
Una rete di prestazioni Inps
Di Marinella Perrini
Recentemente il legislatore ha fatto notevoli passi tesi sia a rendere la conciliazione tra vita lavorativa e familiare più semplice, anche attraverso l’uso di strumenti che incentivano il sostegno dei padri nella cura dei figli e di misure volte a chiudere il divario di genere (gender gap) nel mercato del lavoro. Si tratta di un sistema articolato che include le politiche per le pari opportunità, quelle per le famiglie, spesso volte a favorire la natalità attraverso una riduzione degli oneri associati ai figli, e un insieme di strumenti tesi a semplificare la gestione dei tempi di vita e lavoro. Queste politiche interagiscono tra loro, ma anche con altre politiche finalizzate a scopi diversi, dando luogo ad un apparato complesso di cui è importante comprendere le interazioni.
Data la numerosità degli interventi messi in campo si farà riferimento solo alcuni di essi, come il congedo parentale, il congedo di paternità, il bonus asilo nido e l’assegno unico.
Il congedo parentale è uno strumento di conciliazione vita-lavoro che ha subito diverse innovazioni nel tempo, attraverso interventi legislativi che ne hanno via via ampliato la portata, i periodi di fruizione e la durata.
Come si nota dalla figura di seguito gli ordini di grandezza nelle richieste di congedo tra i due generi sono notevolmente diversi, a testimonianza che la necessità di conciliare vita professionale e familiare (e quindi l’uso dei relativi strumenti) nel nostro Paese è tutt’ora concepito come “affare” prettamente femminile. Mediamente nel periodo considerato le richieste di congedo da parte delle madri coprono oltre l’80% del volume totale di richieste, e solo nel 3% dei bambini beneficiari le richieste risultano coinvolgere entrambi i genitori. Tale situazione non è stata scalfita dalla pandemia: il 2020, infatti, ha visto balzare in alto il numero di richieste da parte di entrambi i generi, ma con una dinamica molto più accentuata per quanto concerne le madri. Al netto dell’incremento del 2020 comunque, il trend nel volume delle richieste delle madri è caratterizzato da una sostanziale stabilità che trova conferma anche nei dati relativi al 2022. Più interessante invece l’andamento delle richieste dei padri, il cui volume pur rimanendo a livelli molto più contenuti mostra un certo incremento; la quota imputabile alle richieste dei soli padri, che da livelli inferiori al 10% a inizio periodo si assesta intorno al 20% delle richieste nel 2022.
Numero di bambini per cui la madre, il padre o entrambi i genitori hanno fruito di un congedo nell’anno
Fonte elaborazioni DCSR
Si riscontrano anche notevoli differenze territoriali. La Figura # mostra per il 2022 il volume delle richieste per regione per padri e madri da cui si rileva una sostanziale similitudine del ranking regionale tra i due generi, pur con le ovvie differenze già evidenziate in termini di consistenza del numero di richieste.
Figura 5.5 - Richiedenti congedi parentali per regione e genere, anno 2022
Fonte elaborazioni DCSR
Le analisi riportate nell’ultimo rapporto Inps rilevano, inoltre, come la gran parte delle richieste di congedo venga espressa da lavoratori impiegati in grandi aziende. Si riscontra anche un forte prevalenza di richiedenti a tempo indeterminato e full time.
Un altro importante strumento per una più equa distribuzione dei carichi di cura è rappresentato dal congedo di paternità, introdotto in via sperimentale per gli anni 2013-2015 e la sua durata è aumentata nel corso del tempo per assestarsi ai 10 giorni attuali. Come si nota dal grafico 6.1, il take-up del congedo presenta un trend crescente passando da un valore del 19,25% nel 2013 ad uno del 48,22% nel 2018 e attestandosi al 64,02% nel 2022.
Grafico 6.1 –Take-up del congedo di paternità (valori %)
Fonte elaborazioni DCSR
Le analisi condotte dalla DCSR mostrano come, ceteris paribus, i padri residenti nelle regioni del centro-nord Italia, quelli con un rapporto di lavoro a tempo pieno e in aziende di grosse dimensioni (101+) fruiscono del congedo di paternità con maggiore probabilità. Si rileva inoltre, che i lavoratori stranieri hanno una minore probabilità di utilizzare il congedo di paternità. Inoltre, si nota una minore probabilità di ricorso al congedo di circa 8 pp. per i padri con contratto temporaneo, mentre la condizione della madre non sembra incidere sulla probabilità di utilizzo della misura. Infine, si riscontra che la probabilità di uso del congedo aumenta non solo con la dimensione dell’impresa in cui è impiegato il padre, ma anche con la dimensione dell’impresa in cui è occupata la madre.
Un ulteriore strumento che facilitando la gestione dei figli può favorire la riduzione del gender gap nella partecipazione al mercato del lavoro, nelle carriere e nei salari è costituito dal “bonus asilo nido” (legge n.232 dell’11 dicembre 2016), istituito per incentivare la fruizione dei nidi pubblici e privati. Questa misura è stata resa più generosa dall’ultima legge di Bilancio. Come si può notare dal Grafico, il numero di minori beneficiari della prestazione, così come l’importo medio, è cresciuto nel tempo.
Grafico – Evoluzione temporale del numero di minori beneficiari di Bonus asilo nido e importo medio mensile della prestazione
Nell’ultimo rapporto Inps si è esaminato il tasso di ricorso alla prestazione[1]. A livello nazionale risulta (Grafico) che poco più di un terzo (il 34%) dei bambini usufruisce del bonus asilo nido. La Sardegna presenta un tasso di ricorso alla prestazione più alto rispetto a tutte le altre regioni (46%) come emerge anche dal rapporto Istat già citato è una regione che presenta, sia in termini di servizi offerti sia in termini di spesa pro-capite dei Comuni, caratteristiche più simili alle regioni dell’Italia centro settentrionale, piuttosto che alle altre regioni del Mezzogiorno. Il valore più basso è quello della Calabria (18%).
Grafico – Tasso di ricorso alla prestazione per regione e per tipologia di asilo frequentato. Anno 2022
Assegno Unico
La configurazione di un nuovo sistema di welfare a supporto della famiglia, della genitorialità e delle pari opportunità, e la razionalizzazione delle misure a sostegno dei figli sono stati gli obiettivi che hanno spinto il legislatore all’introduzione di una nuova misura, l’Assegno Unico Universale (AUU) (decreto legislativo n. 230/2021). Questa misura ha raggiunto dalla sua introduzione ad oggi 10,17 milioni di figli, con un take-up pari al 90%. È interessante notare che l’adesione alla nuova prestazione da parte delle famiglie diminuisce all’aumentare dell’età dei figli (Grafico 4.3), passando dal 95% per i figli di 1-2 anni, all’85-86% per i figli di 16-17 anni.
Take-up dell’AUU per i minori di età compresa tra 1 e 17 anni
Per quanto riguarda la distribuzione territoriale, come si evince dalla mappa costruita sulla base dei valori provinciali del take-up (Grafico 4.4), esiste un divario considerevole tra le adesioni rilevate nelle province del Sud (più elevate) rispetto a quelle rilevate nelle province del Centro-Nord. In particolare, la provincia di Prato risulta quella con il take-up più basso, pari al 76%; seguono Verbania ed Imperia con l’81%; il massimo dell’adesione si registra invece a Crotone, con un valore del 96%; seguono Agrigento, Enna, Caltanissetta, Potenza e Matera dove l’adesione si attesta intorno al 95%. Tuttavia, il take up della misura rimane alto anche nelle provincie a minore adesione.
Take-up provinciali per i minorenni di età compresa tra 1 e 17 anni
Le politiche di decontribuzione possono anche avere un ruolo per ridurre le diseguaglianze occupazionali e a livello teorico anche retributive. Dalle analisi presentate nell’ultimo rapporto Inps emerge che sia Decontribuzione Sud che, in misura maggiore, Esonero Giovani determinano un impatto occupazionale positivo. Per quanto riguarda, invece, le retribuzioni non si osserva alcun effetto per Decontribuzione Sud, mentre per Esonero Giovani aumentano, anche se in modo contenuto. A conferma dell’analisi realizzata nel Rapporto Annuale dello scorso anno, è possibile pertanto sostenere che l’impatto occupazionale (e retributivo) sia più rilevante per politiche come Esonero Giovani, caratterizzate da uno sgravio sostanziale su target specifici. Al contrario, per politiche come Decontribuzione Sud, con minori aliquote di agevolazione (al 30%) e non rivolte a destinatari specifici, l’impatto positivo è di minore entità e si concretizza solo dopo un non breve periodo iniziale. Vista la scarsa capacità delle politiche di decontribuzione di aumentare le retribuzioni, nelle analisi presentate nel XXII rapporto Inps si approfondisce una misura introdotta dal legislatore nel 2022: si tratta di un esonero che interviene direttamente sulla quota contributiva a carico del lavoratore. L‘analisi mostra come già nel 2022 l’aumento dell’importo in busta paga non sia trascurabile, attestandosi, in media, fra i 30 e i 40 euro mensili; inoltre, una simulazione per il 2023, evidenzia che a regime la politica potrebbe aumentare di circa 100 euro l’imponibile fiscale mensile, importo non trascurabile considerato che il valore medio mensile delle retribuzioni è di circa 1.500 euro.
[1] Inteso come rapporto tra coloro che hanno beneficiato del bonus asilo nido e il totale della platea di riferimento (bambini da 0 a 36 mesi), come risultanti dai dati INPS sull’ Assegno Unico Universale (AUU), che grazie all’elevato take-up (superiore al 90%) permettono di ottenere una buona approssimazione della popolazione base di interesse.