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Differenze retributive di genere: i dati Inps

Differenze retributive di genere: i dati Inps

Qualche dato sui dipendenti privati e pubblici circa la differente distribuzione di genere dei lavoratori e delle retribuzioni medie

di Marinella Perrini

Qualche dato sui dipendenti privati e pubblici circa la differente distribuzione di genere dei lavoratori e delle retribuzioni medie

Tabella 6.6a - Lavoratori dipendenti privati extra-agricoli. Retribuzione media giornaliera, retribuzione media annua e giornate retribuite pro capite. Anni 2020-2022

 

 

 

 Dipendenti

 Retribuzione giornaliera  (euro)

Numero indice (media 2022=100)

 Retribuzione annua (euro)

 Giornate retribuite pro capite

 

 
   

Totale dipendenti

   

2020

15.685.116

92

99

20.613

223

   

2021

16.226.258

93

99

21.868

235

   

2022*

16.957.180

93

100

22.822

244

   

di cui

             

Per genere

   

Femmine

7.247.355

78

83

18.276

236

   

Maschi

9.709.825

105

112

26.216

251

   

La tabella sopra riferita fornisce un’idea della differenza di genere nel mondo del lavoro. Sul totale dei dipendenti privati, le donne rappresentano il 43% con una retribuzione media annua ben al di sotto di quella degli uomini (diff. 7.940 euro).

 

La tabella successiva, invece, riferisce i medesimi dati per il lavoro pubblico.

 

Tabella 6.6b - Lavoratori dipendenti pubblici gestione ex INPDAP. Retribuzione media giornaliera, retribuzione media annua e giornate retribuite pro capite. Anni 2020-2022

 

 

 

 Dipendenti

 Retribuzione giornaliera  (euro)

Numero indice (media 2022=100)

 Retribuzione annua (euro)

 Giornate retribuite pro capite

 

 
   

Totale dipendenti

   

2020

3.678.999

116

95

      32.222

278

   

2021

3.725.952

116

95

      32.128

277

   

2022*

3.702.689

122

100

      33.673

277

   

di cui

 

 

 

 

 

   

Per genere

   

Femmine

2.246.642

109

89

      29.723

273

   

Maschi

1.456.047

141

116

      39.769

283

   

 

Qui le donne rappresentano circa il 61%, ma il divario tra le retribuzioni aumenta: oltre 10.000 euro in meno. Ciò ad evidenziare che le carriere per le donne sono più limitate.

 

La tabella successiva, invece, si riferisce ai pensionati, riportandone il numero e gli importi complessivi annui e medi mensili, ripartiti per genere.

 

Tavola 3.1 - Numero di pensionati e importo lordo del reddito pensionistico* (complessivo annuo e medio mensile) per sesso al 31.12.2022**

Sesso

Numero pensionati

Importo lordo del reddito pensionistico

Valore assoluto

%

Complessivo annuo ***

%

Medio mensile****

(milioni di euro)

(euro)

Pensionati complessivi

Maschi

7.781.787

48%

180.400

56%

1.931,86

Femmine

8.324.796

52%

141.479

44%

1.416,24

Totale

16.106.583

100%

321.879

100%

1.665,36

 

(*) Non comprende gli assegni di cura erogati dalla Provincia Autonoma di Bolzano, le pensioni erogate dagli organi costituzionali dello Stato (Parlamento, Presidenza della Repubblica, ecc.),  gli assegni al nucleo familiare. Comprende tutti gli altri redditi pensionistici del pensionato, inclusi l'importo aggiuntivo e la quattordicesima,  le prestazioni di tipo complementare e integrativo, quelle assistenziali e le rendite di tipo indennitario.

(**) Dati provvisori

         

(***) L’importo complessivo annuo è dato dal prodotto tra l’importo mensile della prestazione pagata al 31 dicembre e il numero di mensilità annue per cui è prevista l’erogazione della prestazione (13 per le pensioni e 12 per le indennità di accompagnamento).

(****) Calcolato dividendo l'importo complessivo annuo del reddito pensionistico per 12.

   

(*****) Comprende le gestioni dei dipendenti pubblici e dello spettacolo e sport .

     

 

 

 

 

Le donne, pur rappresentando il 52% del totale dei pensionati, percepiscono il 44% degli importi, beneficiando di un assegno medio pensionistico ben al di sotto di quello degli uomini.

 

La tavola successiva riferisce la tipologia delle pensioni.

 

Tavola 3.10 - Numero di prestazioni PREVIDENZIALI INPS e importo lordo medio mensile per gestione e categoria VIGENTI al 31.12.2022 (importi in euro)

Gestione

Maschi

Femmine

Maschi e femmine

Numero pensioni

%

Importo lordo medio mensile

Numero pensioni

%

Importo lordo medio mensile

Numero pensioni

%

Importo lordo medio mensile

Dirette

6.920.640

92,6%

1.731,74

5.666.568

60,8%

1.121,85

12.587.208

75,0%

1.457,18

Superstiti

552.191

7,4%

505,97

3.654.059

39,2%

783,50

4.206.250

25,0%

747,06

Totale

7.472.831

100,0%

1.641,16

9.320.627

100,0%

989,20

16.793.458

100,0%

1.279,32

 

Il 45% delle pensioni di vecchiaia è destinato alle donne che però percepiscono di media un importo medio mensile ben inferiore rispetto agli uomini, situazione che si inverte, invece, per gli assegni destinati ai superstiti.

Questa lunga premessa serve ad inquadrare una situazione attuale che ha spinto, e continua a spingere, molte donne italiane a trasferirsi altrove per cercare un impiego, non necessariamente il primo, in linea con le proprie aspettative, per ottenere una maggior soddisfazione professionale, una crescita a livello sociale, ma anche remunerativo, in sintesi, per appagare un’aspirazione che, evidentemente, l’Italia non riesce a garantire se non ancora in troppi pochi casi.

Queste tra le principali motivazioni che emergono nei diversi blog al femminile[1], gestiti da emigrate per le future emigrate.

In essi risulta che, tra le destinazioni preferite, l’Europa resta il bacino di destinazione più ambito.    La vicinanza geografica, e quindi la possibilità di far rientro a casa in tempi brevi e a costi contenuti, è una delle principali motivazioni. A seguire, la maggiore facilità nella circolazione e nell’espletare gli aspetti amministrativi legati al trasferimento, nonché la maggiore facilità di comprensione linguistica: quasi tutte le donne con un’istruzione universitaria o parauniversitaria parlano almeno uno o due degli idiomi usati nei Paesi europei. Sempre da questi resoconti digitali, si riscontra che a partire, oggi, non sono solo le giovani, ma anche donne tra i 40 e 50 anni (e oltre) che decidono di rifarsi una vita lontano dall’Italia, per raggiungere i figli all’estero o per allontanarsi da ex mariti, dopo separazioni, divorzi o violenze, oppure ancora per avviare nuove attività in proprio.

Sono molte coloro che partono da sole, spinte da motivazioni forti: la mancanza di lavoro o il bisogno di abbandonare l’Italia per motivi personali.

Dai blog che se ne sono occupati, è stato riscontrato che una donna di questa età, che decide di espatriare, da sola spesso è spinta dalla disperazione e a volte lo fa per mettere una grossa distanza tra sé e chi era responsabile della situazione insostenibile cui erano soggette. Molte poi si sono integrate nella nuova realtà e si sono realizzate, sia professionalmente che privatamente.

 

La scelta delle donne di trasferirsi all’estero per motivi di crescita professionale, sia in età matura, che in quella più giovane, è un fenomeno comunque relativamente recente. Ciò vuol dire che si riflette solo parzialmente sul pagamento delle pensioni all’estero che sono, per il momento, fortemente influenzate ancora dall’emigrazione più antica, i cui grandi numeri sono determinati principalmente da modelli familiari che comportavano una scarsa partecipazione femminile al mondo del lavoro e, con riferimento ai fenomeni migratori, vedevano le donne seguire il marito principalmente per occuparsi della famiglia. Per questo motivo le pensioni ai superstiti costituiscono ancora la tipologia principale di prestazioni corrisposte all’universo femminile all’estero, rappresentando il 53,9% del totale delle pensioni pagate alle donne che vivono all’estero.

Tuttavia, già si registra un’importante crescita delle pensioni di vecchiaia, sia per le italiane, che hanno maturato parte dei loro contributi nel Paese che le ha ospitate e dove decidono di rimanere, sia per le straniere che tornano nel loro Paese d’origine una volta maturata la necessaria contribuzione in Italia per accedere al pensionamento. La tabella che segue evidenzia le pensioni pagate all’estero alle donne nelle diverse Aree continentali, con il dettaglio della tipologia.

 

 

 

 

 

Le pensioni pagate alle donne - dettaglio tipologia

Area continentale

Vecchiaia

Superstiti

Inabilità

Totale

Europa

 48.272

 42.359

 1.720

 92.351

Africa

 708

 1.246

 179

 2.133

Asia

 654

 554

 10

 1.218

Oceania

 8.011

 10.485

 207

 18.703

America settentrionale

 13.879

 21.577

 254

 35.710

America centrale

 301

 594

 3

 898

America meridionale

 3.323

 13.875

 83

 17.281

Totale

 75.148

 90.690

 2.456

 168.294

Le sole pensioni di vecchiaia pagate all’estero alle donne sono aumentate del 7,6% in 5 anni, di cui in Europa del 25,4%, in Asia del 47,7%, in Africa del 10,9% e in America centrale del 51,2%. Le pensioni di vecchiaia, in particolare, sono erogate non solo alle italiane che sono emigrate per cercare altrove sbocchi professionali, e che si sono stabilite definitivamente nei Paesi che le hanno accolte, ma anche alle straniere.

Le pensioni di vecchiaia pagate alle donne - dettaglio nazionalità

Area continentale

Pensioni di vecchiaia pagate alle donne

Pensioni di vecchiaia pagate alle sole italiane

% di pensioni pagate alle italiane

Europa

48.272

26.449

54,79%

Africa

708

426

60,17%

Asia

654

66

10,09%

Oceania

8.011

7.772

97,02%

America settentrionale

13.879

13.314

95,93%

America centrale

301

195

64,78%

America meridionale

3.323

2.380

71,62%

Totale

75.148

50.473

67,34%

Le percentuali più elevate di pensioni di vecchiaia pagate all’estero alle italiane, rispetto al totale delle pensioni pagate alle donne, sono in Oceania e in America settentrionale, da dove, evidentemente, c’è stato scarso movimento migratorio di queste verso l’Italia. Al contrario, la percentuale più elevata, rispetto al totale delle pensioni pagate alle donne straniere, è in Asia.

Interessante è il dato europeo: in quest’Area continentale viene pagato oltre il 64% delle pensioni destinato alle donne e, di questo, il 54,8% è di vecchiaia; il 45,2% delle pensioni di vecchiaia è destinato alle straniere.

Peraltro, questo dato è anche in crescita rispetto allo scorso anno, quando il totale delle pensioni di vecchiaia destinate alle sole donne erano 45.132 e alle italiane era destinato il 59% del totale. In numeri assoluti, alle straniere sono state pagate circa 3.400 pensioni di vecchiaia in più rispetto al 2021.

Le pensioni alle superstiti si sono, invece, ridotte del 13,2%, con un andamento costantemente negativo, a riprova che la nuova emigrazione femminile non avviene più quasi principalmente al seguito di un marito, ma per le medesime esigenze lavorative e familiari per le quali si muovono gli uomini.

Le uniche Aree in cui l’andamento delle pensioni alle superstiti è in crescita sono Africa, dove peraltro sono più numerose rispetto alle pensioni di vecchiaia, Asia e America centrale, che si legano ad un generale andamento positivo, influenzato soprattutto dalle straniere, dove, come si vedrà nella tabella successiva, ci sono le percentuali più alte.

In America meridionale le pensioni ai superstiti rappresentano l’80,3% del totale, ma ha anche il decremento più rilevante, pari al -26%, segno che siamo di fronte ad una naturale riduzione di un’emigrazione molto vecchia. In generale le pensioni ai superstiti rappresentano ancora la tipologia più numerosa tra quelle pagate all’estero alle donne, anche se la differenza rispetto alle pensioni di vecchiaia si va riducendo.

Anche per questa tipologia di pensioni, si riporta qui di seguito la tabella contenente i dati sulle pensioni pagate alle superstiti e quelle pagate alla sole italiane, con relativa percentuale sul totale.

Le pensioni ai superstiti pagate alle donne - dettaglio nazionalità

Area continentale

Pensioni ai superstiti pagate alle donne

Pensioni ai superstiti pagate solo a italiane

% di pensioni pagate alle italiane

Europa

42.359

21.337

50,4%

Africa

1.246

229

18,4%

Asia

554

22

4,0%

Oceania

10.485

8.881

84,7%

America settentrionale

21.577

18.995

88,0%

America centrale

594

96

16,2%

America meridionale

13.875

6.365

45,9%

Totale

90.690

55.925

61,7%

 

La percentuale di pensioni ai superstiti erogate alle italiane emigrate è più bassa rispetto a quella riscontrata nella tabella che riferiva i dati sulle pensioni di vecchiaia. Dal confronto tra le due tabelle emerge come in Asia, America centrale e in Africa la presenza di donne che percepiscono pensioni ai superstiti sia molto bassa e, in percentuale, le italiane che ne beneficiano siano molto poche, mentre si riscontra la presenza di italiane che percepiscono una pensione ai superstiti molto alta, sia in termini di percentuale che in numeri assoluti, in Oceania e in America settentrionale.

Rispetto allo scorso anno il numero delle italiane che percepiscono una pensione ai superstiti si è ridotto di circa 4.000 unità, in valori assoluti, e di un punto percentuale rispetto al totale delle pensioni pagate alle superstiti.

 

La tabella che segue elenca invece i Paesi maggiormente rappresentativi, ordinate in base al numero di pensioni pagate alle sole donne, evidenziandone la percentuale di pensioni di vecchiaia e di superstiti sul totale pagato al genere femminile nel Paese di riferimento.

 

 

Paesi con maggior numero di pensionate e loro percentuale su totale e per tipologia

Stato

Totale pensioni

DI CUI

% donne su totale

% pensioni di vecchiaia donne su totale donne

% pensioni alle superstiti su totale donne

GERMANIA

49.743

40,6%

39,9%

56,1%

CANADA

41.036

53,1%

43%

56,0%

AUSTRALIA

32.866

56,8%

42,9%

56,1%

FRANCIA

31.339

55,9%

38,5%

60,6%

SVIZZERA

28.574

46,8%

69,6%

28,4%

STATI UNITI

28.349

48,4%

32,2%

67,3%

ARGENTINA

12.390

80,7%

16,1%

83,7%

BELGIO

10.959

53,2%

20,2%

78,9%

REGNO UNITO

8.940

45,2%

46,1%

53,2%

SPAGNA

8.604

44,6%

61,1%

36,3%

ROMANIA

7.757

57,2%

72,8%

26,4%

UCRAINA

6.190

94,6%

97,0%

2,9%

BRASILE

5.607

69,8%

12,1%

87,6%

SLOVENIA

3.908

66,9%

26,3%

73,2%

PORTOGALLO

3.532

23,7%

81,7%

16,7%

POLONIA

3.343

74,9%

74,0%

24,8%

CROAZIA

3.037

62,4%

31,8%

67,5%

AUSTRIA

2.933

53,1%

53,4%

41,9%

MOLDAVIA

2.382

83,5%

97,0%

3,0%

OLANDA

2295

33,0%

45,2%

54,3%

VENEZUELA

2.264

68,9%

42,6%

57,3%

BULGARIA

2.251

70,6%

87,2%

11,9%

ALTRI PAESI

18.955

51,8%

39,3%

57,1%

TOTALE

317.254

53,0%

44,7%

53,9%

 

Analizzando le percentuali che identificano il numero di pensioni pagate alle sole donne, rispetto al totale che tiene conto anche della presenza maschile, si nota che quelle più alte sono in Ucraina, Moldavia, Argentina, Polonia, Slovenia, Croazia Brasile, Bulgaria e Venezuela, paesi in cui la presenza femminile supera abbondantemente il 60%.

 

Scendendo più in dettaglio, con riguardo alle tipologie di pensione, le percentuali che si riferiscono alle pensioni di vecchiaia, rispetto al totale pagato alle sole donne, sono più elevate in Ucraina, Moldavia, Bulgaria, con oltre l’80%, nonché Polonia, Romania con oltre il 70%, tutti Paesi dai quali c’è stata un’alta emigrazione in Italia, soprattutto femminile e che dimostra la propensione di queste a tornare nel proprio paese d’origine.

Preme evidenziare, infine, l’alta percentuale delle pensioni di vecchiaia erogate alle donne in Svizzera (quasi il 70%), Paese evidentemente preferito dalle italiane che hanno deciso di emigrare per lavoro e poi di rimanerci, ovvero di trasferirvisi da pensionate, come pure in Spagna (61,1%).

Al contrario, i Paesi con alta percentuale di pensioni alle superstiti rispetto al totale di pensioni pagate alle donne, sono Brasile, Argentina, con percentuali che superano l’80%, nonché Belgio, Slovenia, Croazia e Stati Uniti con percentuali che si aggirano intorno al 70%.

Si confermano essere paesi che, nel tempo, sono diventati meno attrattivi e che registrano una costante riduzione di pagamenti,  non solo di pensioni ai superstiti, per la loro naturale tendenza a ridursi negli anni, ma anche di pensioni di vecchiaia, non essendo meta né di rientri, né di nuovi pensionati italiani.

 

Le pensioni pagate agli stranieri rappresentano il 24,1% del totale pagato all’estero, percentuale che sale considerando le sole donne straniere, arrivando al 35,7% sul totale donne.

 

La tabella che segue focalizza l’attenzione sulle donne straniere che percepiscono all’estero una pensione erogata dall’Inps.

 

 

Dettaglio straniere che percepiscono all'estero una pensione Inps - anno 2022

Paesi

totale donne

Pensionate italiane

Pensionate straniere

% straniere

GERMANIA

20.173

14.155

6.018

29,8%

UCRAINA

5.853

6

5.847

99,9%

FRANCIA

17.516

12.240

5.276

30,1%

ROMANIA

4.440

42

4.398

99,1%

ARGENTINA

9.998

5.992

4.006

40,1%

AUSTRALIA

18.675

15.722

2.953

15,8%

POLONIA

2.505

15

2.490

99,4%

BRASILE

3.916

1.484

2.432

62,1%

SVIZZERA

13.371

11.015

2.356

17,6%

SLOVENIA

2.616

403

2.213

84,6%

MOLDAVIA

1.988

-

1.988

100,0%

USA

13.711

11.731

1.980

14,4%

SPAGNA

3.839

2.039

1.800

46,9%

CROAZIA

1.894

112

1.782

94,1%

BULGARIA

1.590

17

1.573

98,9%

REGNO UNITO

4.044

2.597

1.447

35,8%

BELGIO

5.829

4.761

1.068

18,3%

AUSTRIA

1.556

544

1.012

65,0%

CANADA

21.806

20.946

860

3,9%

VENEZUELA

1.560

828

732

46,9%

OLANDA

757

230

527

69,6%

PORTOGALLO

836

536

300

35,9%

TUNISIA

466

235

231

49,6%

ALTRI PAESI

9.821

2.481

7.340

74,7%

TOTALE

168.294

108.131

60.163

35,7%

 

Il 35,7% delle pensioni pagate alle donne sono destinate alle straniere. Ma tale percentuale varia in relazione ai paesi considerati: molto bassa in Svizzera, negli Stati Uniti, in Belgio e in Canada, mete di un’emigrazione prettamente italiana, mentre si supera il 90% del numero di straniere sul totale pagato alle sole donne in Ucraina, Romania, Polonia, Moldavia, Croazia e Bulgaria, meta di rientri dall’Italia delle immigrate.

Rispetto allo scorso anno, il numero delle straniere che hanno fatto ritorno nel proprio paese d’origine è cresciuto di circa 2.700 unità, mentre il numero delle italiane si è ridotto di circa 6.000 unità. Il numero delle straniere è mediamente cresciuto un po' ovunque, tranne in Germania, Canada, Venezuela, Brasile e Belgio.

Si conclude l’analisi sulle pensioni pagate alle donne con il dettaglio sugli oneri.

La tabella che segue riferisce l’onere erogato in totale (uomini e donne) nei paesi maggiormente rappresentativi, quello erogato alle sole donne (con relativa percentuale di queste sul totale) e l’onere medio per queste ultime. I paesi sono stati ordinati rispetto al maggior importo pagato alle donne.

 

Le pensioni pagate all'estero nei Paesi maggiormente rappresentativi: dettaglio oneri annuali erogati alle donne

Stato

Onere annuale totale

Onere annuale per le donne

% destinata alle donne

onere medio

FRANCIA

 €          98.961.484,52

 €           48.987.324,93

49,5%

 €       273,02

ARGENTINA

 €          59.284.100,99

 €           48.718.012,93

82,2%

 €       419,61

GERMANIA

 €        111.254.700,00

 €           44.992.458,61

40,4%

 €       170,12

STATI UNITI

 €          86.493.081,23

 €           44.577.287,34

51,5%

 €       229,43

SPAGNA

 €        126.773.570,18

 €           43.213.222,64

34,1%

 €       953,40

AUSTRALIA

 €          68.864.595,86

 €           42.666.368,27

62,0%

 €       172,85

SVIZZERA

 €        109.973.129,18

 €           35.956.125,41

32,7%

 €       228,11

CANADA

 €          58.022.832,32

 €           35.816.384,27

61,7%

 €       114,04

BRASILE

 €          35.317.468,38

 €           21.587.304,48

61,1%

 €       621,91

ROMANIA

 €          50.080.890,11

 €           19.470.703,14

38,9%

 €       563,54

PORTOGALLO

 €        153.418.328,54

 €           17.164.164,79

11,2%

 €   1.862,87

UCRAINA

 €          18.872.259,76

 €           16.214.539,32

85,9%

 €       230,87

BELGIO

 €          30.853.404,65

 €           15.363.635,46

49,8%

 €       219,27

REGNO UNITO

 €          35.826.192,24

 €           15.264.370,51

42,6%

 €       290,42

SLOVENIA

 €          23.820.520,01

 €           11.245.050,14

47,2%

 €       698,45

POLONIA

 €          21.419.487,57

 €           11.123.600,90

51,9%

 €       695,34

TUNISIA

 €          70.685.569,88

 €           10.500.339,68

14,9%

 €   1.839,03

VENEZUELA

 €          12.840.565,41

 €             8.946.972,61

69,7%

 €       510,01

CROAZIA

 €          20.170.973,07

 €             8.732.653,96

43,3%

 €       699,76

AUSTRIA

 €          21.356.742,04

 €             8.679.424,85

40,6%

 €       590,23

BULGARIA

 €          16.257.639,31

 €             5.223.716,28

32,1%

 €       641,75

MOLDAVIA

 €            7.884.437,39

 €             5.057.592,34

64,1%

 €       213,40

OLANDA

 €            7.884.117,52

 €             3.325.403,52

42,2%

 €       221,48

ALTRI PAESI

 €        189.019.149,31

 €           73.014.618,28

38,6%

 €       719,07

TOTALE

 €    1.435.335.239,47

 €        595.841.274,66

41,5%

 €       354,05

 

Il primo dato che risulta evidente è che a fronte di un maggior numero di pensioni erogate alle sole donne all’estero (53,0%), il totale degli oneri che viene loro pagato è pari al 41,5%. Ciò è dovuto anzitutto al fatto che il 53,9% del totale delle pensioni destinate alle donne sono pensioni ai superstiti, con la conseguenza che gli importi sono più bassi rispetto a quelle di vecchiaia.  Accanto a ciò viene evidenziato che comunque, nella media, l’importo delle loro pensioni risulta essere di euro 354,05, a fronte di quello degli uomini che è pari ad euro 563,40, mentre analizzando le sole pensioni di vecchiaia, l’importo medio degli uomini è pari ad euro 574,64, quello delle donne è pari ad euro 387,46.

 

Il nuovo mondo del lavoro

 

Il mondo del lavoro è in continuo cambiamento per l’introduzione di nuove tecnologie, di nuovi mercati, di nuove organizzazioni e adempimenti lavorativi e, tra l’altro, la pandemia ha rappresentato un formidabile acceleratore sociale di processi evolutivi pre-esistenti ad essa, quali l’individualizzazione del rapporto di lavoro, il commercio on line, le consegne di cibo a domicilio, l’industria dell’intrattenimento domestico, il work-from-home, il remote working.

È stata l’occasione per riorganizzarsi, per fare il punto della situazione di quanto si è fatto e si può fare per migliorare la situazione a livello sociale e non solo dal punto di vista economico – lavorativo, ma anche del tempo libero e della socialità.

E’ attraverso la crisi di un sistema che si mettono in moto innovazioni, idee, azioni nel mondo sociale, nei mercati finanziari, del lavoro, economico e ci si riorganizza, si fa tesoro delle perdite, dei problemi affrontati, delle carenze vissute e ci si adopera per riappropriarsi del proprio mondo con nuovi approcci, migliorando il sistema e alzando il livello della qualità di vita.

Tra le novità che stiamo vivendo, c’è il cosiddetto downshifting cioè  la scelta, specie dei giovani, di rifiutare lavori troppo impegnativi preferendo guadagnare di meno ma avere più tempo a disposizione. Il tempo è diventato un bene fondamentale e non può e non deve essere destinato solo al lavoro, ma anche agli affetti, allo sport, al tempo libero. Si predilige lo smartworking, il lavoro flessibile, anche a tempo determinato, purché garantisca la libertà di gestire la vita sociale e lavorativa.

 

“Secondo l’ultima indagine sull’organizzazione del lavoro agile realizzata da Aidp (Associazione Italiana per la Direzione del Personale) e presentata nel mese di marzo 2023, è emerso in maniera evidente come la richiesta di lavorare in smart working da casa provenga soprattutto da una fascia di giovani (tra i 18 e i 35 anni) ai primi impieghi, soprattutto laureati con competenze specialistiche, tecniche elevate e buone retribuzioni.

 

L’esigenza nasce dal desiderio di libertà nell’organizzazione del lavoro che contraddistingue particolarmente questa generazione. La ricerca di AIDP spiega che i lavoratori maggiormente sensibili ai cambiamenti culturali (circa il 70% della ricerca) sono i giovani di età compresa tra i 26 e i 35 anni, concentrati maggiormente nelle aziende del Nord Italia. Di questi, il 18% ha presentato le proprie dimissioni perché alla ricerca maggior flessibilità sul lavoro, smart working o lavoro ibrido e, infine, un ulteriore 18% degli intervistati dichiara di aver dato le dimissioni, “perché si vive una volta sola” e la realizzazione delle proprie passioni è più importante della carriera o della retribuzione.

 

https://www.econopoly.ilsole24ore.com/2022/06/28/smart-working-giovani/

https://www.ipsoa.it/magazine/lavoro-come-progetto-di-vita-cosa-cambia-dopo-pandemia

https://www.aidp.it/hronline/2022/7/14/le-grandi-dimissioni-minaccia-o-opportunita-per-ridisegnare-il-lavoro.php

 

Nella ricerca del 2023, l’Aidp ha riscontrato che “Nella scelta di un nuovo lavoro la retribuzione viene indicata come prioritaria nel 50% dei casi, più o meno a parità con la presenza di smartworking (52%). Seguono, nell’ordine, vicinanza a casa, solidità dell’azienda e contenuto del lavoro”.

https://www.aidp.it/hronline/2023/6/13/il-rapporto-tra-welfare-soddisfazione-e-engagement.php

 

I dati Inps riferiti nel XXII Rapporto annuale presentato il 13 settembre, confermano questa tendenza, come mostra la tabella allegata.

 

Settore economico

 N. lavoratori dimessi, per settore di dimissione

 di cui ricollocati entro 3 mesi, in qualsiasi settore
(A)

 Tasso di ricollocazione

 N. lavoratori ricollocati, per settore di destinazione
(B)

 di cui a tempo indeterminato

 (B - A)

Totale 2020

696,7

393,3

56,5%

393,3

221,8

0,0

Totale 2021

924,0

605,0

65,5%

605,0

331,7

0,0

Totale 2022

1.046,9

700,1

66,9%

700,1

397,7

0,0

 

L’incremento triennale delle dimissioni è pari al 50%.

 

In tal senso è emblematico un articolo apparso su La Stampa del 25 settembre a firma di Andrea Bonanni:

Nell’ultimo anno nove italiani su dieci hanno manifestato profonda insofferenza per il proprio lavoro, decidendo nel 43% dei casi di abbandonarlo. Una scelta che per il 97% delle persone non prevedeva il cosiddetto “piano B”. A soffrirne maggiormente le donne e i giovani sotto i 27 anni. Il 77% di loro ha deciso di rinunciare a contratto e carriera professionale in cambio di una maggiore libertà personale. E’ quanto emerge dal nuovo studio di Unicusano sul mondo del lavoro e il mutato rapporto fra italiani e lavoro: se nell’ultima fotografia scattata dall’Istat si contavano 25 milioni di occupati nel 2022, fra dipendenti e autonomi, per l’ateneo telematico soltanto l’11% di loro è riuscito a raggiungere un equilibrio psico-professionale ideale. Ovvero poco meno di tre milioni di persone. Ciò che ha pesato maggiormente sulle spalle dei lavoratori e li ha costretti ad assentarsi ripetutamente è legato alla sfera psicologica e in particolar modo al burnout, quello stato di esaurimento nervoso a livello fisico, mentale ed emotivo causato da una serie di fattori legati proprio al lavoro. Un malessere che ha toccato la salute di quasi cinque italiani su dieci. Il fenomeno della “Great Resignation”, così come l’hanno ribattezzato in America all’indomani della fine della pandemia, è arrivato anche in Italia. Fra Job-creep, quiet quitting e nomadismo digitale l’Unicusano ha scattato una fotografia poco felice della considerazione che hanno gli italiani del posto di lavoro, scoprendo come le “Grandi Dimissioni” coinvolgano da vicino milioni di italiani e soprattutto Under 35 (43%). Per l’Unicusano alla base della scelta di darsi alla fuga ci sono diverse motivazioni: si va dall’insoddisfazione personale alla ricerca di migliori condizioni economiche, dal desiderio di una maggiore flessibilità nell’organizzazione dell’orario di lavoro alla rottura dei rapporti interpersonali con i colleghi. Ma soprattutto gli italiani ricercano un nuovo equilibrio, una nuova dimensione fra vita privata e vita lavorativa, oggi troppo sbilanciata verso quest’ultima per via di una società dove il prefisso “IPER” (iper-competitivo, iper-veloce, iper-digitalizzato) sembra aver ingranato la marcia senza possibilità di resa. Nel Belpaese sono recentemente esplosi anche altri fenomeni preoccupanti, stando allo studio dell’Unicusano. Tra questi spicca il quiet quitting: oltre due milioni di lavoratori si limitano a fare lo stretto necessario, non sentono valorizzati i propri talenti, non sono coinvolti emotivamente nell’attività lavorativa, non credono nei valori, messaggi, prodotti e servizi dell’azienda. Altro ancora è job creeper che colpisce il 6% delle persone schiacciate dal peso del lavoro a tal punto da fondere insieme le due sfere, lavorativa e privata. Ad alimentare il fenomeno delle Grandi Dimissioni sono proprio i giovani fra i 24 e i 35 anni che gli economisti hanno ribattezzato flow generation: giovani dal futuro incerto, lontani dal concetto di lavoro a tempo indeterminato, in balìa delle nuove professioni e con un’identità mutevole a seconda delle esigenze e delle sfide del futuro digitalizzato. Figli della crisi del 2008 e di chi spendeva più di quanto potesse, hanno trovato nel nomadismo digitale la loro forma più pura di espressione. Oggi sono 35 milioni in tutto il mondo con un valore economico di 787 miliardi di dollari. La pandemia ha tolto tempo ma ha regalato tempo, e questo i nuovi nomadi digitali lo sanno bene. Loro che, con le unghie e con i denti, soprattutto in questi ultimi tre anni hanno rivendicato spazio e tempo. Per la vita, le passioni, i talenti, le aspirazioni, gli affetti, la libertà di scelta, l’autorealizzazione. E dello spazio, del tempo e del movimento hanno fatto il loro scopo primario, ispirando nuove forme identitarie e professionali, prive di confini fisici e mentali. Lavorano da remoto, lavorano da qualsiasi parte del mondo e, nell’85% dei casi, lo fanno con il sorriso. Rappresentano la risposta ad una precarietà auto-imposta, una sfida che i reparti HR devono saper cogliere per dare a tutti la possibilità di crescere puntando la lente di ingrandimento su ciò che realmente vale: le persone.

[1] https://donnecheemigranoallestero.com/

https://www.amichedifuso.com/

https://www.expatclic.com/

https://www.mammainoriente.com/

https://www.expat.com/en/directory/