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Ridurre lo stress lavoro-correlato per incrementare il Benessere dei Lavoratori e delle organizzazioni

Ridurre lo stress lavoro-correlato per incrementare il Benessere dei Lavoratori e delle organizzazioni

Il rischio da “stress lavoro-correlato” rappresenta oggi uno dei principali rischi professionali a cui un datore di lavoro deve porre attenzione.

Di Alessandro Dechellis

Il rischio da “stress lavoro-correlato” rappresenta oggi uno dei principali rischi professionali a cui un datore di lavoro deve porre attenzione nella gestione della sicurezza nella propria azienda.

Questo perché non incide esclusivamente sui valori statistici degli infortuni o quasi infortuni ma perché rappresenta, come oramai molteplici studi stanno dimostrando, una potenziale leva negativa su tutta l’organizzazione.

La normativa italiana in materia (D. Lgs. n. 81/2008) ha dato un primo indirizzo alle modalità pratiche con cui gestire questa fattispecie di rischio, modalità che presentano però luci ed ombre. Quest’ultimo aspetto è ancora più evidente se andiamo a pensare alle innumerevoli sfaccettature che ci sono su questo tema e gli elementi che lo caratterizzano. Il legislatore, dal canto suo, ha tentato di dare dei confini ad una materia così ampia recependo quanto indicato nell’Accordo Europeo del 2004, attraverso il quale si è arrivati a stabilire innanzitutto che lo stress lavoro-correlato non è una malattia, ma un fattore di rischio dal quale potrebbero discendere conseguenze psico-fisiche sulla persona.

Altro punto focale della questione è che non ci sono distinzioni tra posizioni lavorative, inquadramenti aziendali, classi sociali, differenze di genere o provenienza: può potenzialmente colpire tutti in qualsiasi momento dipendendo, in maniera particolare, da tre macro fattori principali:

1.     l’organizzazione del lavoro, come è strutturata la mia attività sia in termini di funzioni vere e proprie che come flussi lavorativi. C’è equilibrio, responsabilizzazione diffusa  oppure confusione, approssimazione e disfunzioni;

2.     la comunicazione interna, intesa come il modo in cui le persone comunicano ed interagiscono durante il lavoro. Verbale, non verbale, para-verbale ma anche digitale (considerando gli strumenti elettronici di comunicazione ormai in uso sui posti di lavoro);

3.     l’ambiente di lavoro, inteso sia come ambiente fisico (malsano oppure no) sia come spazio ove, ugualmente, le persone interagiscono e condividono parte della propria vita con altri.

Già da questi tre punti si evince come lo stress lavoro-correlato sposti inesorabilmente l’asticella della sua gestione da un punto di vista prettamente tecnico, quello della sicurezza, ad un altro umanistico-organizzativo. Ed è proprio qui, se vogliamo, la sfida che le organizzazioni oggi si trovano a dover affrontare. Sfruttare una leva importantissima come la sicurezza per guidare il cambiamento complessivo di tutta l’organizzazione in un’ottica di aumento del benessere organizzativo delle persone. Il peso negativo sull’azienda, laddove ci si sottraesse a questa sfida, è sempre più frequentemente dimostrato da statistiche o casi aziendali veri e propri.

Uno studio svizzero di qualche anno fa sullo stress e la stanchezza dei lavoratori (Job Stress Index 2014) ha dimostrato che questi fattori costano alle aziende 5,6 miliardi di franchi. Considerato che i lavoratori attivi in Svizzera sono 4,9 milioni di questi oltre un milione è eccessivamente stressato e due milioni di impiegati soffrono in varia misura di spossatezza.

Per risolvere, o iniziare ad affrontare efficacemente la questione, basterebbe, inoltre, ridare valore e piena dignità alla persona sia nel contesto privato che lavorativo e, pertanto, rompere il tabù con argomenti e tematiche che, in molti casi ancora oggi, sono visti come superflui o mere perdite di tempo rispetto alla prioritaria esigenza produttiva. Tutto ciò non capendo che un maggior benessere diffuso nei lavoratori aumenta automaticamente la capacità produttiva degli stessi.