Ergonomia: come lavorando su questa disciplina si possono migliorare le condizioni di lavoro delle persone

In questo periodo storico dove tutto cambia in maniera estremamente rapida chi si occupa di sicurezza sui luoghi di lavoro non può non tentare di coglierne i benefici.
Di Alessandro Dechellis
In questo periodo storico dove tutto cambia in maniera estremamente rapida e la tecnologia crea nuove opportunità ogni giorno, chi si occupa di sicurezza sui luoghi di lavoro non può non tentare di coglierne i benefici. Ed uno specifico segmento, dell’attività prevenzionistica, ove questo beneficio è tangibile è quello dell’ergonomia sul lavoro.
Il datore di lavoro, infatti, nel valutare i rischi lavoratori a cui sono esposti i propri lavoratori non può esimersi dal non considerare questa disciplina che è trasversale in quanto può incidere, positivamente o negativamente, su vari rischi aziendali.
L’ergonomia, infatti, è la disciplina scientifica che si occupa dei problemi relativi al lavoro umano in rapporto alla progettazione delle macchine e agli ambienti di lavoro, al fine di individuare le soluzioni più idonee alle esigenze psicofisiche dei lavoratori e al contempo a quelle della produzione.
Che si stia valutando i rischi legati ad un ambiente produttivo, di uffici o anche all’esterno ci si dovrà sempre confrontare con le dinamiche relative alle esigenze psicofisiche del lavoratore. Dall’operaio di linea al panettiere, dalla commessa di negozio alla parrucchiera, fino al magazziniere ed all’impiegato si dovrà sempre prevedere misure di prevenzione ed organizzative che vadano a migliorare, o mantenere ad un buon livello, gli standard di ergonomia previsti.
Possono sembrare concetti scontati o consolidati ma, in realtà, non è sempre così; questo perché nelle pieghe della gestione di questo difficile fattore di rischio si infilano prassi lavorative proprie, usi, costumi, necessità di lavorare in fretta, politiche aziendali (ad esempio nel caso delle commesse di negozio e come debbano dare un’immagine sempre “operativa”) che in maniera silenziosa ne erodono l’importanza ma anche l’efficacia delle eventuali misure di prevenzione.
In questo senso, pertanto, una buona attività di valutazione dei rischi deve necessariamente prevede, oltre che le misure preventive/protettive idonee (da sedie ergonomiche e postazioni di lavoro conformi per gli uffici fino a quelle più tecnicamente avanzate per rischi superiori sfruttando la tecnica e la tecnologia come anche l’art. 2087 Codice Civile ci impone) anche una continua attività di “educazione” delle persone ad assumere i comportamenti e le posture corrette.
In questo senso l’INAIL premia, ad esempio, con lo sconto attraverso il modello OT24 chi metta in campo attività formative di educazione alla postura, all’ergonomia ed ai movimenti corretti.
Questo, da parte dell’istituto, è un segnale di quanta sia l’importanza di questo rischio per le persone e come possa poi incidere, in un’ottica di vita futura, anche sugli aspetti personali.
Non è sempre necessario sempre adottare soluzioni importanti come fece Volkswagen diversi anni fa che ristrutturò completamente alcuni stabilimenti tedeschi per facilitare, da un punto di vista ergonomico, una popolazione lavorativa che iniziava ad essere sempre più verso l’età pensionabile (sostituzione della pavimentazione con un materiale più morbido, sedili di linea avvolgenti e comodi, migliore illuminazione, ecc.) o come accade nella Silicon Valley dove rinunciare a sedia e scrivania in ufficio è ormai, per molti, una realtà (con il conseguente lavoro svolto in piedi, utilizzando, al posto delle classiche scrivanie, delle “Standing Desk” simili a banconi da bar).
La valutazione dei rischi aziendale determinerà le soluzioni, in grande o in piccolo, da adottare ma soprattutto i modelli formativi/educativi successivi per accompagnare le persone nel mettere sempre più cura nel modo di lavorare.