Fallimento e ispezioni: il ruolo del curatore – datore di lavoro/2

Fallimento di una società cooperativa titolare di diversi contratti di appalto con la P.A. nel territorio nazionale.
A cura di Giovanni Greco
Cosa accade, nel caso di fallimento di un’azienda, quando manca il subentro del curatore sia ex art. 72 L.F che ex art. 104 L.F. e la prosecuzione di fatto dei rapporti di lavoro in caso ad esempio di appalto in servizi pubblici essenziali (ad es. nel settore sanitario)?
Il caso riguarda l’intervenuto fallimento di una società cooperativa operante nel settore pulizie, titolare di diversi contratti di appalto con la P.A. nel territorio nazionale.
A seguito di diverse richieste d’intervento avanzate da parte di lavoratori dipendenti della società fallita, gli ispettori hanno contestato al curatore fallimentare diverse violazioni amministrative per il periodo successivo alla dichiarazione di fallimento, ritenendolo “datore di lavoro”, nonostante il mancato subentro ex art. 72 L.F. e la mancata autorizzazione del Giudice Delegato all’esercizio provvisorio ex art. 104 L.F..
Il Curatore aveva, con immediatezza, comunicato alle stazioni appaltanti, ai sensi e per gli effetti dell’art. 72 L.F., la sospensione dei rapporti di lavoro.
Orbene, ai sensi dell’art. 3 della legge 24 novembre 1981 n. 689 “nelle violazioni cui è applicabile una sanzione amministrativa ciascuno è responsabile della propria azione od omissione, cosciente e volontaria, sia essa dolosa o colposa”.
Affinchè di un accadimento possano dirsi confermati gli aspetti di irregolarità, occorre che chi opera l’accertamento abbia, in primo luogo, piena prova che il fatto vietato dalla legge sia materialmente avvenuto e sia conforme a quello descritto nella fattispecie normativa; quindi, della ricorrenza dell’elemento soggettivo attinente alla colpevolezza dell’individuo a cui è attribuito il fatto stesso.
Ciò vale a dire che, una volta provata l’esistenza di un fatto illecito naturalisticamente conforme a una circostanza definita illecita dall’ordinamento, occorrerà che tale avvenimento sia imputabile a una persona fisica, a titolo di dolo o, almeno, di colpa.
Solo in presenza della predetta condizione potrà sorgere il cd. rapporto sanzionatorio, quale pretesa pubblica alla riparazione dell’ordine violato.
Invece, in estrema sintesi, all’esito dell’accertamento, gli ispettori verbalizzanti hanno attribuito in via automatica e diretta al curatore fallimentare nominato dall’Autorità Giudiziaria, la responsabilità per gli illeciti amministrativi contestati, in ragione della mera posizione ricoperta.
Ad avviso dello scrivente l’operato dell’organo di vigilanza non deve ritenersi giuridicamente corretto.
Infatti il Tribunale competente, con la sentenza dichiarativa di fallimento, non aveva disposto l’esercizio provvisorio dell’impresa ai sensi dell’art. 104 L.F. con conseguente cessazione dell’attività e sospensione dei rapporti di lavoro ex art. 72 L.F. e mancato subentro del curatore negli stessi.
Ed infatti la curatela, attraverso il proprio consulente del lavoro, provvedeva con immediatezza alla chiusura delle posizioni previdenziali e assicurative accese presso l’INPS e l’INAIL per intervenuto fallimento e cessazione dell’attività aziendale.
Gli Ispettori di vigilanza, oltre a notificare il verbale di accertamento degli illeciti amministrativi, procedevano anche al recupero della contribuzione omessa e/o evasa.
Giova precisare che in caso di verbali ispettivi questi sono notificati all’impresa, se ancora in bonis, o, successivamente alla dichiarazione di fallimento, al Curatore e poi trasmessi dai funzionari di vigilanza agli uffici amministrativi affinchè provvedano ad infasare il credito in essi contenuto ai locali concessionari che poi provvederanno ad insinuare al passivo il credito.
E’ ultroneo evidenziare che, al contrario di quanto accade per le mere omissioni, dove il rappresentante della procedura concorsuale ha francamente poco margine di contestazione anche perché vi sono le denunce presentate dalla società fallita quando era ancora operativa, denunce che di fatto costituiscono uno spontaneo riconoscimento di debito, nei casi di evasione vi è una maggiore possibilità di verifica e di ricostruzione della vicenda contestata da parte del Curatore.
L’iter di recupero dei crediti INPS per contributi IVS e contribuzioni minori e relative somme aggiuntive non viene seguito direttamente dall’Ente previdenziale ma dall’Agente della Riscossione, nella varie diramazioni periferiche sul territorio nazionale.
Il Curatore ben potrà – in sede di accertamento dello stato passivo – confutare, in tutto o in parte, gli esiti di codeste indagini ispettive mediante la mancata ammissione (parziale o totale) delle istanze presentate a tale titolo.
Mette conto di rilevare che i verbali provenienti dai funzionari di vigilanza dell’INL, essendo codesti ispettori nell’esercizio delle loro funzioni dei pubblici ufficiali “fanno prova, fino a querela di falso, dei fatti che i funzionari stessi attestino avvenuti in loro presenza, mentre, per le altre circostanze di fatto che i verbalizzanti segnalino di avere accertato, il materiale probatorio è liberamente valutabile e apprezzabile dal giudice, il quale può anche considerarlo prova sufficiente, qualora il loro specifico contenuto probatorio o il concorso d’altri elementi renda superfluo l’espletamento di ulteriori mezzi istruttori” (ex multis Cassazione sentenza n. 15073 del 6 giugno 2008).