Più clienti, ma meno fatturato: ecco i dati 2016 dell’Osservatorio del Politecnico di Milano

Gli studi professionali oggi cercano la crescita anche tramite operazioni di mercato.
Nel 2016 più clienti ma meno fatturato, che nel 54% dei casi non supera i 100 mila euro: gli studi professionali oggi cercano la crescita anche tramite operazioni di mercato. Le acquisizioni servono soprattutto a integrare competenze di settori diversi, il 33% degli studi ha collaborazioni stabili con altri professionisti.
Sono solo alcuni dei risultati della ricerca dell'Osservatorio Professionisti e Innovazione Digitale della School of Management del Politecnico di Milano presentata alcuni giorni fa.
Un tessuto di micro e piccole imprese pronto a crescere in dimensioni e competenze: questa è la fotografia degli studi professionali italiani (avvocati, commercialisti, consulenti del lavoro e studi multidisciplinari) aggiornata a dicembre 2016. Il 54% degli studi realizza un fatturato non superiore ai 100 mila euro, con un portafoglio clienti di circa 70 aziende; tuttavia, rispetto all'anno precedente, il portafoglio medio è cresciuto di una ventina di nominativi e il fatturato per cliente è sceso sotto i 2 mila euro. Anche per questo, quasi la metà degli studi professionali nutre interesse verso operazioni di fusione/acquisizione.Cresce la consapevolezza della carenza di competenze hitech, ma la formazione punta poco su temi non giuridici. Si diffonde lo smart working, ma smartphone e tablet servono ancora soprattutto per telefonare, controllare agenda e email.
Tra il 2014 e il 2016 l’Osservatorio ha esaminato 208 studi (63 nell’edizione 2016-2017) che hanno avviatoprogetti di miglioramento del loro modello organizzativo o di business. L’obiettivo dichiarato è di intercettare i principali filoni progettuali all’interno delle singole professioni, per comprendere dove si stiano concentrando le principali energie innovative delle diverse categorie professionali. Gli studi di caso sono stati realizzati attraverso interviste telefoniche o questionari ripartiti tra studi legali, di commercialisti, consulenti del lavoro o multidisciplinari, preventivamente selezionati, attraverso segnalazioni, consultazione di fonti secondarie e conoscenze dirette. Le interviste sono state realizzate con il supporto di una scheda strutturata, confezionata sotto forma di questionario per coloro che hanno risposto online, che ha permesso di rilevare sistematicamente le motivazioni dello studio, le soluzioni adottate, i benefici ottenuti, gli impatti interni ed esterni, l’entità degli investimenti, le resistenze incontrate e le modalità adottate per superarle.
Come lo scorso anno, anche nel 2016 la micro e la piccola dimensione sono prevalenti tra gli studi professionali. La forma giuridica individuale è la più diffusa (73%), seguita a distanza dallo studio associato (14%). In media, in uno studio lavorano 3 professionisti, con 2 tra dipendenti e praticanti. Il 61%% realizza un fatturato che non supera i 100 mila euro; si confermano gli andamenti delle redditività registrati con la precedente indagine: il 56% dichiara un aumento e il 44% una contrazione. È il segno di un equilibrio raggiunto, non di una ripresa economica.
L’outsourcing della contabilità viene usato dall’8% degli studi (commercialisti e multidisciplinari), mentre interessa al 15%. Per le attività di elaborazione paghe il 37% degli studi (commercialisti, consulenti del lavoro e multidisciplinari) adopera l’outsourcing, mentre il 5% è interessato a usarlo. La collaborazione con gli altri studi si mantiene sui livelli dello scorso anno (oltre il 30%, con una netta prevalenza delle collaborazioni stabili ma non formalizzate). Tra coloro che collaborano in modo stabile (con o senza formalizzazione) il 68% ha instaurato la relazione da oltre 5 anni, il 17% tra i 3 e i 5 anni, il 10% tra 1 e 3 anni e solamente il 5% nell’ultimo anno.
L’interesse verso operazioni di fusione/acquisizione è in aumento e viene espresso dal 48% degli studi professionali presi in esame, con una percentuale più alta per le operazioni che potrebbero coinvolgere realtà di altre professioni (37%) rispetto a quelle con studi della stessa categoria (10%). L'8% degli studi ha già effettuato operazioni di M&A, mentre il 36% per ora non è interessato a operazioni di mercato perché vuole mantenere la propria indipendenza giuridica e l'8% non intende effettuarne, temendo problemi di coesistenza.
L’investimento complessivo effettuato dagli studi professionali in tecnologie ammonta nel 2016 a un miliardo e 142 milioni, pari a un incremento del 2,5% sul 2015, spesso con strategie mature perché nella maggior parte degli studi la spesa in Ict è considerata leva strategica per migliorare organizzazione e posizionamento sul mercato. Di qui i sempre più numerosi progetti innovativi per migliorare l'efficienza (37%), le relazioni con i clienti (40%) e la capacità di fornire servizi (26%). La componente Ict incide sui costi tra le diverse professioni per importi oscillanti tra il 15% e il 20%.