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L’Ape Sociale all’ultimo miglio

L’Ape Sociale all’ultimo miglio

La 232/2016 (art. 1 c. 179-185) introduce una nuova forma di sostegno del reddito che è stato ribattezzata dallo stesso Palazzo Chigi ‘Ape Sociale’.

A cura di Antonello Orlando
 

La 232/2016 (art. 1 c. 179-185) introduce una nuova forma di sostegno del reddito che è stato ribattezzata dallo stesso Palazzo Chigi ‘Ape Sociale’, profondamente diversa da Ape Volontaria e Aziendale in quanto completamente a carico dello Stato. Si tratta di una misura sperimentale, richiedibile fino al 31.12.2018, che consentirà agli assicurati di qualunque Gestione INPS di percepire un’indennità senza durata prefissata che li accompagnerà fino alla pensione di vecchiaia. L’individuazione della platea dei beneficiari rappresenta un tema ancora non privo di complessità. Si tratta di lavoratori che entro il 2018 perfezionino un requisito anagrafico (63 anni), la cessazione dal rapporto di lavoro senza percepire al contempo alcun trattamento pensionistico diretto e un requisito contributivo di 30 anni di contributi in Gestioni INPS insieme a uno dei quattro requisiti soggettivi individuati dal c. 179. I richiedenti dovranno essere invalidi civili oltre il 74% o assistere disabili in condizione di gravità da 6 mesi o essere disoccupati che abbiano esaurito l’indennità di disoccupazione da più di 3 mesi o, ancora, lavoratori continuativamente addetti da 6 anni a mansioni usuranti (solo questi ultimi con almeno 36 anni di contributi).

La prima criticità nell’identificazione della platea si è riscontrata nella definizione di lavoro continuativo a proposito delle mansioni usuranti identificate dall’allegato C alla manovra. Sul punto, l’art. 53 del D.l. 50/2017 ha allargato le maglie, considerando comunque idonei gli addetti a mansioni gravose che avessero totalizzato 6 anni di attività usuranti con interruzioni per massimo 12 mesi nell’arco degli ultimi 7 prima della decorrenza dell’Ape. In relazione al cluster dei disoccupati che avessero esaurito da 3 mesi l’indennità di disoccupazione, il parere dello scorso 28 aprile del Consiglio di Stato ha congelato i tentativi rilevati nella prima stesura del DPCM di allargare la platea includendo anche gli operai agricoli disoccupati e soprattutto i disoccupati da almeno tre mesi che non avessero perfezionato uno dei due requisiti contributivi dell’art. 3 del D.Lgs. 22/2015, senza quindi potere fruire della Naspi. Una simile apertura dovrà trovare spazio in una norma di primo livello prima di essere considerabile davvero legittima.

Va infine notato come la L. 232/2016 e le versioni finora circolate dei DPCM sull’Ape Sociale abbiano taciuto del tutto sugli aspetti fiscali dell’Ape Sociale. In applicazione dell’art. 6 c. 2 del TUIR, trattandosi di indennità percepita in sostituzione di redditi di lavoro dipendente dovrebbe per natura godere anche dell’applicazione delle relative detrazioni (art. 13 c. 1 TUIR) nonché del cd. Bonus Renzi. Dall’11 maggio il DPCM attuativo è stato all’esame della Corte dei Conti che ne ha approvato il testo; dopo la firma del premier Gentiloni nella giornata del 22 maggio, il decreto attende ora solo la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale.