Trasferte e trasfertismo

L'istituto della “trasferta” necessitava da tempo di un chiarimento univoco volto a dirimere definitivamente le criticità operative rilevate dagli operatori economici nella distinzione tra c.d. trasfertisti e lavoratori in trasferta occasionale
DI Mario Cassaro
L'istituto della “trasferta”, disciplinato fiscalmente dai commi 5 e 6 dell'art. 51, D.P.R. n. 917/1986 (TUIR), necessitava da tempo di un chiarimento univoco volto a dirimere definitivamente le criticità operative rilevate dagli operatori economici nella distinzione tra c.d. trasfertisti e lavoratori in trasferta occasionale. Sia l'INPS, con messaggio n. 27271 del 5 dicembre 2008, che l’Amministrazione Finanziaria con nota n. 13222/1998, hanno chiarito che gli elementi sintomatici di “trasfertismo” sono tre e devono ricorrere contemporaneamente:
1) un elemento formale consistente nella mancata indicazione della sede di lavoro nel contratto;
2) un elemento sostanziale concretizzatosi nello svolgimento di una attività lavorativa richiedente la continua mobilità del dipendente;
3) un elemento retributivo che si concretizzi nella corresponsione al dipendente, in relazione allo svolgimento dell'attività lavorativa in luoghi sempre variabili e diversi, di una indennità o maggiorazione di retribuzione in misura fissa, non strettamente legata alla trasferta.
Nel corso degli anni la materia è stata oggetto di numerosi interventi, sia di natura amministrativa che giurisprudenziale, riscontrando difformità interpretative sulla corretta normativa da applicare in quei settori caratterizzati da prestazioni lavorative svolte al di fuori della sede di lavoro in ragione della particolare specializzazione dell'attività esercitata. La Risoluzione del Ministero del Lavoro del 20 giugno 2008 aveva ammesso l’applicabilità della disciplina fiscale e previdenziale della “trasferta occasionale” nel settore edile e metalmeccanico secondo quanto stabilito dall'art. 51, comma 5, D.P.R. n. 917/1986, per le indennità corrisposte ai lavoratori assunti presso la sede del proprio datore di lavoro ed inviati in trasferta, per l'espletamento delle proprie mansioni, al di fuori del Comune in cui è sita la medesima. In ossequio a tali indicazioni, e secondo quanto chiarito successivamente nel messaggio INPS n. 27271/08 relativo ai c.d. lavoratori “trasfertisti”, le imprese avevano generalmente applicato ai propri dipendenti la disciplina della “trasferta occasionale” o della “trasferta abituale” ai sensi dei menzionati commi 5 e 6 dell'art. 51 del TUIR.
Il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali è intervenuto sull'argomento con risposta ad istanza di interpello n. 24 del 9 giugno 2010, nella fattispecie in cui la società committente impiega nel trasporto autotrasportatori con contratto di collaborazione coordinata e continuativa.
Il Ministero, ripercorrendo le disposizioni normative e di prassi che disciplinano l'istituto della trasferta, provvedeva ad una disamina dell'istituto della trasferta ed in particolare dell'indennità di trasferta corrisposta agli autotrasportatori per comprendere se la stessa avesse natura retributiva e se fosse anche possibile riconsiderarla ai fini della determinazione dell'imponibile contributivo su cui determinare la quota dovuta all'INPS.
Il recente provvedimento di conversione del decreto legge 22 ottobre 2016, n. 193, c.d. decreto fiscale, recante “Disposizioni urgenti in materia fiscale e per il finanziamento di esigenze indifferibili” contiene una norma di interpretazione autentica, pertanto con effetto ex tunc, in materia di lavoratori in trasferta e trasfertisti, indicata nell'art.7-quinquies. La novità interviene finalmente a chiudere la questione chiarendo che il comma 6 dell'articolo 51 del TUIR, recante la disciplina della trasferta abituale (trasfertisti), si interpreta nel senso che i lavoratori rientranti nella disciplina ivi stabilita sono quelli per i quali sussistono contestualmente le seguenti condizioni:
1) la mancata indicazione, nel contratto o nella lettera di assunzione, della sede di lavoro;
2) lo svolgimento di un'attività lavorativa che richiede la continua mobilità del dipendente;
3) la corresponsione al dipendente, in relazione allo svolgimento dell'attività lavorativa in luoghi sempre variabili e diversi, di un'indennità o maggiorazione di retribuzione in misura fissa, attribuite senza distinguere se il dipendente si è effettivamente recato in trasferta e dove la stessa si è svolta.
Ove non siano presenti contestualmente dette condizioni è riconosciuto il diverso trattamento previsto per le indennità di trasferta, le quali concorrono parzialmente alla formazione dell'imponibile IRPEF ai sensi dell'art. 51, comma 5 del DPR n. 917/1986.